Autogestione della produzione e dei servizi

(bollettino del Circolo Carlo Vanza 12/2015)
il materiale disponibile al Circolo Carlo Vanza
Sul tema dell’autogestione sono disponibili al Circolo numerosi libri (vedi http://www.anarcabolo.ch/vanza/elenco.php) settore e/o argomento: autogestione) concernenti soprattutto le più note esperienze storiche dalla Spagna del ’36 alle imprese recuperate in Argentina ma anche una serie di materiali sciolti, ordinati in scatole, che documentano esperienze per così dire isolate.
Il materiale è suddiviso approssimativamente in a) centri sociali autogestiti, b) imprese
autogestite di consumo, c) imprese autogestite della produzione (comprese le aziende
autogestite agricole) e dei servizi.

In questo numero del Bollettino presentiamo alcune tra le esperienze di autogestione del
gruppo c) per le quali non è disponibile materiale sotto forma di libri e opuscoli, motivo per cui bisogna attingere appunto alle famose scatole (“Archivio”). Non si tratta né di situazioni esemplari né di modelli di riferimento, unicamente di alcune realtà vive e attive meno conosciute e/o meno documentate. Nonostante l’importanza dell’esperienza non figureranno quindi in questa presentazione né ad esempio la Comune di Urupia (per una succinta presentazione vedi: http://www.lascighera.org/files /urupia%20integrale.pdf), né il complesso di cooperative di Mondragon (vedi per esempio Sharryn Kasmir, El mito de Mondragon, Txtalaparta 1999, presente al Circolo), o La Péniche in Francia (Créateurs d’utopies: http://www.autogestion.coop) perché su questi temi sono disponibili libri o altre fonti. Un’ultima osservazione: non sempre si tratta di esperienze esplicitamente anarchiche, anche se l’autogestione stessa è prassi libertaria.

Nel 1994, in Svizzera si contavano 600 imprese autogestite, di cui 90 aderenti alla “Rete per l’autogestione” (cfr. Isidor Wallimann, Selbstverwaltung – Soziale Oekonomie in schwiergen Zeiten, Heuwinkel Verlag Allschwil 1996).
Oggi per mancanza di dati non è possibile formulare una cifra. Vive e vegete sembrano essere in particolare le imprese della ristorazione ma non poche sono anche le aziende artigianali e industriali anche se spesso poco conosciute soprattutto nella Svizzera italiana. Tra queste, la Ego Elektrikergenossenschaft, ossia la Cooperativa di elettricisti Ego con sede a Winterthur. Nata nel 1982, descrive nelle sue linee guida i propri obiettivi come segue: “Gestione di un’attività economica comunitaria e solidale per la sussistenza dei suoi membri in forma autogestita”. Il principio della ripartizione del reddito è l’uguaglianza salariale. L’attività aziendale (impianti elettrici) è subordinata al rispetto dell’ambiente e delle persone. La cultura e la politica fanno parte dell’interesse aziendale. Attualmente vi lavorano una quindicina di persone. Sito (in tedesco): http://ego-elektro.ch/.
Nel settore artigianale è ancora attiva dal 1979 la cooperativa autogestita  Handwerkskollektiv che con una quindicina di addetti si occupa di falegnameria, carpenteria e pittura (dati aggiornati: http://www.handwerkskollektiv.ch).
Una particolarità elvetica è l’azienda Intercomestibles, poiché si tratta di una società per azioni in gestione collettiva. Nata 30 anni fa, si occupa della distribuzione di bevande. Dal rifornitore dei numerosi bar illegali e del centro sociale Wohlgroth, il più grande centro occupato della storia della Svizzera (vedi Patrick Frei, Wohlgroth, 1994, disponibile al Circolo), si è sviluppata un’azienda di 35 persone con un giro d’affari di 10 milioni di franchi che autogestiscono in collettivo l’impresa. La forma della società per azioni serve all’apporto di capitale esterno che tuttavia deve rimanere minoritario. Intercomestibles non nasconde le sue opzioni politiche: distribuisce birra cubana con un supplemento di 50 centesimi per progetti di solidarietà, partecipa al progetto HeidiBier “contro la destra” i cui proventi sono destinati a fondo di sostegno per immigrati illegalizzati, produce la birra anti-WEF. Fonte: Wochenzeitung 17 – 2002, aggiornamento: http://www.intercomestibles.ch/site/ueberuns/index.htm.
Tra l’altro, la Wochenzeitung (settimanale) è una delle più vecchie e con 45 persone anche una delle più importanti imprese autogestite in Svizzera con una struttura salariale egualitaria; al Circolo esistono vari documenti in merito.
Un settore industriale in cui spesso vengono applicate forme di gestione collettiva è quello della stampa. Al CCV abbiamo materiale che riguarda alcune tipografie storiche del
movimento come la Ropress o la Printoset di Zurigo oppure la “Subita” di Berna; nello specifico ci interessa qui  particolarmente l’A4 Druckerei Kollektiv sempre di Zurigo
(Dienerstrasse 19). Quest’officina autogestita di stampa, rilegatura e laminatura esiste dal 2012 e aderisce come impresa alla Federazione delle anarchiche e degli anarchici di lingua tedesca. Sito: http://www.a4druck.ch.
Come detto, nel settore della ristorazione le realtà autogestite sono numerose e in quasi ogni città c’è almeno un esercizio pubblico “alternativo”. Esemplare è il caso del Cafe Zähringer (Zahringerplatz 11) a Zurigo, autogestito dal 1981 e oggi un frequentatissimo punto di ritrovo con una buona cucina. Al Circolo è disponibile un’ampia documentazione.

In Italia abbiamo naturalmente come fiore all’occhiello la Cooperativa Tipolitografica di Carrara (http://www.latipo.191.it/).
Una realtà meno conosciuta di Urupia (vedi sopra) è la Comune comunista libertaria La Belle Verte nei pressi di Roma. Nella Comune la proprietà privata è superata con la sola eccezione degli effetti personali. La proprietà degli strumenti di lavoro e, in prospettiva, delle strutture immobili, del terreno e dei mezzi di trasporto è comune e indivisibile. I comunardi raccontano così la loro storia: “Tutto ha inizio in un magazzino a Roma, dove cinque o sei anarchici barbuti, riuniti intorno ad un bicchiere di vino, parlano della crisi che si scorge all’orizzonte e iniziano un percorso di analisi e progetto. L’idea, in estrema sintesi, è che, data la situazione economica e politica, è necessario trovare un modo di uscire dal sistema attuale, costruendo strutture in grado di fornire reddito, occupazione e cultura.” Nasce così la Comune agricola comunista libertaria “La Belle Verte”, Casali di Poggio Nativo. Fonte: Rivista Anarchica 391 -2014.
In generale, sul tema delle colonie agricole libertarie vedi anche http://ita.anarchopedia.org/Colonie_libertarie.
Sempre presente alla Vetrina dell’editoria anarchica di Firenze è la Società Cooperativa Iris di Calvatone (Cremona). Su questa realtà vale la pena dilungarsi un po’ perché non solo è un progetto sia agricolo sia industriale, ma presenta anche strutture gestionali molto articolate attorno al concetto della partecipazione pur non essendo autogestito. Nel 1978, nove giovani, ragazze e ragazzi si uniscono ed iniziano a lavorare insieme nella pianura cremonese situata nel sud della Lombardia. Sono figli di braccianti, muratori, mungitori, manovali ed artigiani. Lo scopo iniziale è quello di lavorare la terra per la produzione di prodotti sani, senza l’uso di sostanze chimiche di sintesi. Nel 1984 la IRIS si fonda ufficialmente come cooperativa agricola di produzione e lavoro, come proprietà collettiva e con lo scopo di coltivare esclusivamente biologico. Tra i punti fondanti, la promozione della cultura della proprietà collettiva. Nel 2005 la cooperativa decide di rilevare il pastificio con cui lavorava ormai da anni, insieme le due aziende hanno cinquantatré posti di lavoro. Il pastificio lavora a pieno ritmo e si produce esclusivamente biologico. Nel 2010 ci si rende conto che si deve costruire un nuovo pastificio. Si sviluppa nuovamente la proposta ai consumatori di diventare soci finanziatori. L’assemblea delibera l’emissione di azioni mutualistiche per sostenere la costruzione del nuovo pastificio. La coop. agricola IRIS e A.S.T.R.A BIO (ossia il pastificio), negli anni sono diventate aziende ben radicate nel territorio ma anche con molti soci in tutta Italia ed all’estero, essi sono coinvolti sempre in tutte le decisioni, apportano ricchezza e solidità ai principi etici e di economia solidale. I punti più qualificanti: 1. in Iris le decisioni politiche e statutarie sono solo realmente dell’assemblea; 2. il C.d.A. gestisce solo  l’attività ordinaria; 3. tutti i responsabili della cooperativa sono soci, la conduzione della cooperativa non è verticistica; 4. gli utili della cooperativa vengono investiti negli scopi sociali; 5. tutti gli stipendi sono come da contratto sindacale; 6. gli amministratori, il presidente ed i responsabili di settore non hanno stipendio aggiuntivo per le loro funzioni; 7. ai soci lavoratori viene riconosciuta un’integrazione allo stipendio con i nostri prodotti agricoli e alimentari; 8. si privilegia il rapporto diretto con il consumatore diffondendo così i valori etici della coop; 9. la filiera IRIS per la produzione delle materie prime è composta da contadini e agricoltori in tutta Italia, le produzioni sono seguite dal nostro tecnico agricolo e sono tutte certificate biologiche.
Ah, dimenticavo: la pasta è davvero molto buona. Fonte: documentazione “Iris produzioni biologiche” al Circolo; aggiornamento: http://www.irisbio.com/.
Infine, una realtà più recente: il progetto Caffè Malatesta nasce a Lecco nel gennaio 2010 quando, per un gruppo di giovani provenienti da diverse esperienze (chi dall’attivismo, chi da progetti di autogestione, chi semplicemente da anni di studio o lavoro precario), si apre la possibilità di utilizzare una macchina per la torrefazione in disuso, a Lecco. Il gruppo costituisce un “Collettivo di Lavoro” autogestito che ha voluto articolare la propria attività in 5 punti fondamentali. 1. creazione di reddito da lavoro manuale ed intellettuale ed in nessun caso di profitti o introiti incoerenti con la partecipazione e l’impegno al progetto collettivo; 2. lavorazione di Caffè prodotti in condizioni lavorative e sociali dignitose, con particolare attenzione alle piccole realtà prive di accesso alla certificazione internazionale FairTrade; 3. lavorazione di materie prime prodotte nel rispetto dell’ambiente e del territorio con metodi di coltivazione biologica, ricercando rapporti di fiducia con piccoli produttori privi di accesso alla certificazione riconosciuta Organic/Bio; 4. condivisione comune, mediante una costante pratica assembleare, delle scelte e dei percorsi che il progetto intraprenderà, rifiutando la formazione di dinamiche verticistiche ed autoritarie; 5. costante ricerca di confronto e scambio con le realtà che intendono promuovere la cultura e la pratica della solidarietà, del mutualismo e dell’autogestione. Il flyer di presentazione è disponibile al Circolo. Aggiornamenti: http://www.caffemalatesta.org.

In Polonia, il movimento delle cooperative basate su un ideale di riscatto sociale sta vivendo un momento di grande sviluppo. Una di queste nuove cooperative si trova a Lodz, una città di 725’000 abitanti, al 48 della Rewolucij 1905. Si tratta di una pensione, “La Granda”, gestita da un collettivo di cinque persone a parità di salario, senza capi e con rotazione delle mansioni.
Tutti i membri del collettivo provengono da esperienze di militanza sociale. L’ostello offre 6 camere e dispone di tutti i servizi per rendere gradevole il soggiorno a Lodz. L’Unione Europea finanzia la costituzione di cooperative sociali (quindi per esempio per disoccupati o senza tetto) con un contributo di 20’000 Zloty (circa 6’000 franchi nel 2012) a persona, un’agevolazione che ha permesso l’apertura di “La Granda” . Oggi l’impresa è interrelata con altre cooperative di Lodz come la vicina cooperativa di consumo per l’approvvigionamento di prodotti della terra direttamente dal produttore. Per un caffè o una birra i gestori della pensione raccomandano il Bistro Zaraz Wracam sulla Piotrkowska, una cooperativa autogestita con salario unico, famosa in tutta la città per le sue eccellenti quiches.

Una comunità autogestita di vita e lavoro di vecchia data in Germania è la Lebensgemeinschaft im Drohntal. La comunità venne fondata agli inizi degli anni 1980 come struttura per disabili mentali gestita in base ai principi dell’autogestione. Come anarchiche e anarchici, gli operatori si ispiravano ai principi allora largamente diffusi dell’antipedagogia, dell’antipsichiatria e della critica alle istituzioni, allo stato e al capitalismo. Inizialmente, la comunità comprendeva 33 persone e gestiva un’azienda agricola, un servizio riparazioni e trasporti e una libreria-enoteca. Attualmente vi vivono (in parte) e lavorano 45 persone. Indirizzo: sozial-therapeutische-projekte e.V., Dörrwiese 2-4, 54497 Morbach-Merscheid.
Un’altra comune di tutto rispetto esiste da ormai trent’anni a Niederkaufungen vicino a Kassel: la Kommune Niederkaufungen. Le 80 comunarde e comunardi si occupano di assistenza a persone dementi, gestiscono un asilo nido, lavorano in una falegnameria e in un’officina meccanica, praticano l’agricoltura e l’allevamento di bestiame, trasformano materie prime.
Tutto il ricavato è versato in una cassa comune dalla quale ognuno preleva quanto gli serve. I suoi principi sono: politica di sinistra, ecologia, economia comunitaria, decisioni in base al consenso, lavoro collettivo, abbattimento del potere e del capitalismo. Fonte: Wochenzeitung 32 2009, aggiornamento: http://www.kommune-niederkaufungen.de

In Spagna, è stata messa a frutto in diverse località l’opportunità di creare un lavoro a basso costo d’investimento come quello del pony express. TRÉBOL ecomensajeros a Madrid nasce dall’iniziativa di un gruppo di amici che per coscienza ambientalista usano abitualmente la bici come mezzo di trasporto. Nel 1996 viene creata la cooperativa di lavoro associato TRÉBOL che riscontra immediatamente un grande successo. I pilastri alla base della qualità dei suoi servizi sono l’organizzazione orizzontale e collettivista e l’impegno sociale e ambientale. Al Circolo disponiamo della presentazione del collettivo in L’eco de trèvol, Cooperativa Trèvol 1996. Aggiornamento: http://www.trebol.org/.

In Inghilterra esiste una fabbrica chimica con 600 collaboratrici e collaboratori interamente di proprietà del personale, la Scott Bader di Wollaston, nei pressi di Northampton. Chi lavora per la ditta, che si ispira ai valori sociali e pacifisti di Leonhard Ragaz (al Circolo disponiamo di diversi libri e opuscoli di quest’autore svizzero), aderisce al commonwealth aziendale e partecipa così alle decisioni. La forma particolare di “cooperativa fiduciaria” è stata sviluppata e introdotta in particolare dal figlio del fondatore dell’impresa, obiettore di coscienza e che ancora a 86 anni (nel 2009) portava sul bavero della giacca il distintivo della War Resister’s International. Coerentemente, la ditta si rifiuta di fornire i suoi prodotti al settore degli armamenti. Siccome non ha azionisti esterni, non è esposta al rischio d’acquisizione e non deve fare profitti. Ciò non toglie ovviamente che gli imperativi del capitale si facciano sentire. Fonte: Wochenzeitung, 40 2009. Aggiornamento: http://www.scottbader.com/about-us

In Grecia, ma questo è un caso più noto, è stata occupata e autogestita dal 2013 la fabbrica Vio.Me di Salonicco. I lavoratori hanno diffuso il seguente comunicato (luglio 2015): “Noi operai della Vio.Me abbiamo occupato la nostra fabbrica dopo che è stata abbandonata dagli ex-padroni e da due anni stiamo producendo in autogestione e sotto controllo operaio. Nel passato erano materiali edili, ora si tratta di saponi naturali a base di olio d’oliva arricchito con olio di cocco e di mandorla. La produzione, oltre a mantenere in vita la fabbrica, rende possibile a noi e alle nostre famiglie di resistere, aiutandoci a difendere la nostra dignità e ad evitare gli effetti negativi della disoccupazione. A questo scopo abbiamo costituito una cooperativa (S.E. Vio.Me). Ogni socio lavora nella fabbrica e ogni collaboratore è anche socio della cooperativa. Ora esportiamo i nostri prodotti in tutto il mondo.” Fonte: documentazione al Circolo.

Come si può vedere, spesso le informazioni raccolte al Circolo in forma cartacea sono datate.
Tuttavia, esse permettono non solo un approccio storiografico ma consentono di avviare ricerche sullo sviluppo successivo e le condizioni attuali di progetti che altrimenti rimarrebbero sconosciuti. In questa presentazione si tratta ovviamente solo di alcuni casi peculiari per diversità della forma organizzativa e prossimità alla pratica libertaria (sperando di aver stuzzicato un po’ di curiosità). Con il riordino del materiale previsto sarà possibile mettere a disposizione un ampio fondo organizzato per chi intende approfondire lo studio della teoria e della prassi dell’autogestione. Un obiettivo da perseguire sarebbe, perlomeno nell’ottica di chi scrive, la costituzione di un centro di ricerca e documentazione sull’autogestione eventualmente aggregato all’ICEA (Istituto di scienze economiche e dell’autogestione, Barcellona, Spagna).

Nel frattempo, alcuni prodotti delle aziende autogestite sono ottenibili anche il Circolo, in particolare i prodotti della Comune Urupia, i saponi di Vio.Me e il caffè Malatesta. Anche qui, l’intenzione a medio termine è la creazione di una rete che, dando spazio alla produzione autogestita, tolga ossigeno alla produzione capitalista.

Peter